Venerdì 9 maggio 2025 alle ore 17.30 presso la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano, piazza San Cosimo – Genova centro storico
DIEGO ZANDEL autore del libro “AUTODAFE’ DI UN ESULE. Nel ricordo delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata” verrà insignito della targa “PREMIO ERNESTO BRUNO VALENZIANO” dedicata a chi “si è particolarmente distinto nella difesa della verità e della giustizia per i Giuliano Dalmati, vittime dei crimini contro l’umanità e privati della propria identità”
Un grido contro l’indifferenza verso le vittime delle foibe e una difesa della dignità del popolo istriano e fiumano, costretto a pagare il prezzo di una guerra persa
Il processo al capo della polizia politica a Fiume nel 1945, Oskar Piškulić, imputato di omicidio continuato e aggravato, avviato nel 1997, si concluse sette anni dopo, nel 2004. Diego Zandel, figlio di esuli fiumani fuggiti dalla Jugoslavia di Tito e nato in un campo profughi, venne a saperlo per caso quando un amico, giudice allo stesso processo, gli mandò per conoscenza la sentenza allo scopo di avere una sua opinione a riguardo. Diego scoprì così, con stupore, di non aver mai sentito parlare di quel processo, peraltro caratterizzato da clamorose reazioni mediatiche, politiche e diplomatiche. Perché? In Autodafé di un esule l’autore indaga sulle cause della propria ignoranza. E si chiede se fosse perché scriveva su «l’Unità» e «Paese Sera», giornali di una sinistra che giustificava le foibe e imputava gli esuli di essere fascisti fuggiti dal paradiso socialista di Tito. Gli sorge, così, il sospetto di aver ceduto a una sorta di anestesia che, opportunisticamente, lo abbia inibito dall’aprire una pagina che lo avrebbe reso malaccetto nell’ambiente. Con questo suo Autodafé di un esule Diego Zandel ripaga la sua “distanza” di allora, un buco della memoria che oggi ha per lui l’amaro sapore del tradimento e della complicità
l’Autore
Diego Zandel è nato nel 1948 nel campo profughi di Servigliano da genitori fiumani, ma è cresciuto al Villaggio Giuliano-Dalmata di Roma, che raccoglieva gli esuli istriani, fiumani e dalmati fuggiti dalla Jugoslavia di Tito. È autore di una ventina di libri, tra cui Massacro per un presidente (Mondadori 1981), Una storia istriana (Rusconi 1987, finalista Premio Napoli 1997), I confini dell’odio (Aragno 2002), Il fratello greco (Hacca, 2010), I testimoni muti (Mursia 2011) Eredità colpevole (Voland 2023), Un affare balcanico, (Voland, 2024), Racconti istrofiumani (D#H, 2024). È anche uno degli autori del docufilm Hotel Sarajevo, nato da un’idea di Andrea Di Consoli e prodotto da Clipper Media e Rai Cinema, per la regia di Barbara Cupisti. Nel 2023 ha ricevuto il Premio Tomizza.
Chi era Ernesto Bruno Valenziano nel ricordo del giornalista Mario Paternostro (pubblicato sul sito di Primocanale il 13 agosto del 2023, a vent’anni dalla scomparsa)
“Ogni tanto, sempre più spesso, sia osservando le faccende della politica nazionale, sia limitando le fughe dei pensieri in quella locale, sento la mancanza, in politica, dei cattolici e soprattutto dei laici.
Due “categorie” che noi giornalisti, negli anni Settanta e Ottanta indicavamo spesso come contrapposte, rivali. In realtà, alla fine, non sempre era così: cattolici e laici in politica occupavano, nazionalmente e soprattutto localmente, a Genova e in Liguria, un ruolo strategico e, oggi me ne rendo conto sempre di più, indispensabile alla politica, alle azioni e alle iniziative della politica. Cattolici e laici allargavano il campo dell’azione politica. Oggi, senza cattolici e laici la politica si è abbastanza immiserita.
Mi è venuta in mente l’attività dei laici pochi giorni fa, quando l’organizzazione dei Giuliano-Dalmati di Genova ha diffuso una lunga nota per ricordare con riconoscenza un personaggio politico ligure che interpretò perfettamente il ruolo del laico. Lui da liberale, così come altri fecero la stessa cosa da repubblicani o da socialisti o socialdemocratici.
Ricordavano i Giuliano-Dalmati un importante politico del Pli prima e poi di Forza Italia, ma soprattutto un vero politico laico: Ernesto Bruno Valenziano, morto prematuramente proprio vent’anni fa, nel luglio del 2003, a soli 66 anni.
Bruno Valenziano fu un autorevole avvocato civilista, guidò l’Associazione della Proprietà edilizia, ma soprattutto fu a Palazzo Tursi per molti anni, quelli della giunta di sinistra, per passare poi in Regione a ricoprire tra il 1980 e i 2003 incarichi diversi e importanti: assessore alla Cultura, al Turismo, all’Industria. Fu uno dei promotori e sostenitori, con Gustavo Gamalero, delle Celebrazioni per il Cinquecentenario della scoperta dell’America nel 1992, grande sponsor del Carlo Felice ricostruito, del museo di Sant’Agostino, del recupero dell’Archivio di Stato, ma anche di uno dei forti più belli del sistema delle mura genovesi: il Forte Begato. E si deve a proprio all’intuizione di Bruno Valenziano la riscoperta della “tela di Genova” cioè dell’epopea dei Jeans oggi tornati alla ribalta. Ma fu sempre, in ogni azione, uno spirito libero, laico e liberale. Quindi indipendente.
Una libertà che gli permetteva di agire per un suo obiettivo anche mettendosi contro alcuni personaggi forti della città, in campi diversi, sia che fossero autorevoli soprintendenti o potenti industriali. Come Riva, “re dell’acciaio”, durante la drammatica stagione dell’Ilva, con il quale Bruno ebbe serratissimi confronti per delimitare ragionevolmente le spesso irragionevoli richieste dell’industriale, e compensare le di lui pretese con garanzie per l’occupazione , mai dimenticando la sacrosanta esigenza della tutela della salute per la popolazione di Cornigliano, già abbastanza massacrata per lunghissimi anni.
Lo spirito libero e laico di Valenziano faceva sì che egli potesse relazionarsi perfettamente con la Curia del Cardinal Siri e dei suoi successori, ma anche in altro campo, difendendo un concetto di “carcere” che non intaccasse la dignità dei detenuti. Così come fu un sostenitore delle esigenze della comunità dei Giuliano-Dalmati, della testimonianza sulle foibe titine e dei sopravvissuti e esuli.
Bruno era libero e imprevedibile, come la moglie Simonetta, anche lei scomparsa prematuramente, scrittrice divertente e curiosa.
Ecco. Personaggi fatti così oggi sono una rarità. Forse anche per questo la politica è più piatta e noiosa. E per sopravvivere ha un disperato bisogno dei social”.
